DAL SEMESTRALE "CONTAINER" - 1987/88

Il semestrale di poesia “Container”, benché abbia avuto vita assai breve, solo due numeri pubblicati, è importante perché, grazie al paziente lavoro del critico Pierluciano Guardigli, ha presentato importanti voci di poeti del Milanese tutti impegnati nel mondo sindacale o dell’associazionismo. La redazione del primo numero comprese, oltre a me, Giovanni Bianchi, Mauro Carletti, Paolo Lezziero e Renato Seregni; cioè tutti i i coofondatori della rivista. La presentazione del primo numero fu redatta da Alberto Cadioli, docente di Letteratura italiana contemporanea presso l'Università Statale di Milano. Qui di seguito un ampio stralcio della sua presentazione.

“… Da qui nascono i paesaggi che sono necessariamente quelli urbani, quelli dei "containers", appunto, "tra le lamiere e i ghirigori della città" (Fignon), le città dal "volto stanco" (Carlucci) dove anche i tramonti sono metropolitani: "mi viene addosso spiovente spiovente / questo tramonto piazzale loreto / di malinconie latinoamericane / irto di banche" (Bianchi).

 Ma ancora una volta il confronto con la poesia, il conforto della poesia, induce a chiamarsi fuori; e ancora una volta la poesia diventa "necessaria": "... ma se tu ... paziente / solletichi un poco la mia mente / ne esce, dietro il filo rosso d’un una poesia leggera / che ti vestirà l'estate / allegra come fossi l'Adriana..." (Rigamonti); "i poeti hanno un animo buono / potranno ritentarne un senso nuovo" (Carletti); "... il posi '68. Il pre '77, le scelte-non scelte, il Woityla, il riflusso, l’identità, la ricerca... la poesia .." (Lezziero, e qui la poesia si distacca proprio  a partire dai puntini di sospensione); "Queste mani hanno stretto pugni di voglie / Nel frutteto di babilonia / Incatenando il minotauro nel gotico di un verso" (Seregni).

Come dice un verso di Fignon, "resta la poesia”. Ed è questo in fondo, ciò che vogliono comunicare, nelle loro parole scavate nella storia degli ultimi anni, tutt'altro che rivolte a sollecitazioni liriche, i poeti di Container.” (dalla presentazione di Alberto Cadioli).

DA CONTAINER 1987

 

IL VIAGGIATORE

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… polverose tette giunoniche

nel posto dove la mente si cela.

Pendola muta, dall'albero,

la coda blu d'un pavone...

…, il viaggiatore // nella stanza di lettura,

 scapitombola nel lesisco

asciugandosi nel muro,

d'un poco smunto assomigliandogli,

(un gran brusìo, d'intorno,// accaldato)

e si china stringandosi una scarpa...

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…, che ognuno ha la sua isla de pascua

anche in piazza della Scala:

salire sul qyuattro verso Niguarda...

…, della ruota d'ingegni, in pietra,

cercare l'anello strappo della lattina:

come dire potenza.

Il “cave canem” lo dice, invece, una donna

“che ha denti aguzzi, bianchi, affilati

e se ti morde... addio il tuo viaggio...”

…, su tutto s'infuga un tram...

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…, il viaggio riprende più in là,

un rigo sotto:

le nostre fabbriche scambiate...

…, in un boccio di riccio, riposto,

si sono feriti gli angeli

che svolano basso

sottovalutando l'audacia

di chi, con cura, prepara il viaggio

e conta le molliche del risparmio

nella sala di lettura stipata...

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…, il viaggiatore ha steso l'inventario:

debordano lapidi dal sacco,

sassi ci cingono d'assedio...

…, tra lui e il mare (via Manzoni):

campi bruciati di sterpi puntiti...

…, ma il piede scalzato

(non pudore di collant arruffato)

della ragazza, più che a cuccia: noia

(assenza sfilacciata del linguaggio)

pare non temere e si spande...

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…, la quadratura dell'ingombro,

il viaggiatore (accartocciato)

alle prese col bagaglio:

un'arte anche per le galle,

un luogo per i cervi bianchi...

…, dal cannello estremo del gas

si succhia le stelle becchime,

del cielo, privato, cala lo scarto:

serbare le briciole del pasto

(come dire in caso di fame)...

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…, verde ci acceca per quest'acque di maggio,

l'Arena, tutto un discorso di brufoli,

un uscire dalle siepi farfalle

(cavalieri d'inverno le hanno chiamate).

Nella geografia privata dei segni

RAPA NUI s'incampa: aquilone levato...

…, è svolta, sgarbo, puntura d'ombrello

dove ricomincia il viaggio

a fabbriche scambiate e scomposte...

…, “che qui c'era una fonte d'acqua marcia”...

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…, esterno, giorno, città e ci basta,

il mondo, guardarlo dalla finestra...

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Il secondo numero di “Container” uscì con molto ritardo perché la preparazione della pubblicazione fu molto travagliata per dissidi all’interno della redazione che condussero all’uscita di Beno Fignon dalla rivista, che da allora smise le pubblicazioni. Interessante di quel numero fu l’inserimento di due rubriche (“Il passeggero” e “FOB free on board”). Per “Il passegero” furono pubblicate opere dell’assai affermato Giampiero Neri, mentre per “FOB” furono pubblicate poesie di Antonio Riccardi, allora praticamente sconosciuto. La presentazione della rivista fu redatta da Mario Spinella, illuminato intellettuale milanese d’adozione vincitore anche del Premio Viareggio 1987 per Lettera da Kupjansk.

"Ci si può chiedere   se lo chiedeva già Alberto Cadioli nel presentare il primo numero se sia possibile individuare, negli autori che insieme si presentano in queste pagine, una comunanza di "poetica", una volontà di porsi, in forma programmatica, come "scuola", o "tendenza". Si può essere d'accordo con la sua risposta negativa, ma anche con la notazione, successiva, che nei  vari, personalissimi, esiti, è pur possibile riconoscere una nota comune, "metropolitana", egli diceva; e si potrebbe precisare, con una generalizzazione di ordine meno definitorio, "urbana". "Urbana" non tanto o non solo per la sua connotazione addirittura "topografica” (a "Via Solferino", "Questa città", "in piazza Tricolore", da "Concordia a Monforte" ci riporta Rigamonti: "Ore 18 San Babila": è Seregni; "la cantina verso Deamicis" "perdo tempo con Milano", "i palazzoni della cintura di Milano", Bianchi), quanto piuttosto, e in modo pressoché sempre evidente, dichiarato per il richiamarsi a un'atmosfera, a un colore, a un "paesaggio dell'anima" che dalla città trae origine e ragione. Non più tuttavia, la città, orrida e fascinosa, della prima scoperta baudelairiana; ma, oramai, un modo di vita fattosi consuetudine, orizzonte, persino struttura interiore di chi, possiamo dirlo, ne è abitato, costituito. Lo si dica senza nostalgia; come senza nostalgia appaiono dirlo questi poeti, che, nella varietà dei loro modi propri ed è anche qui la loro "modernità" entro questa dimensione sanno doversi muovere, e interrogarsi, e interrogare. Giacché è anche questo un tratto comune i poeti di Container si caratterizzano per un altro grado di consapevolezza; non cercano nella poesia un rifugio, ma operano perché la poesia emerga nel quotidiano e dal quotidiano   e della vita di ogni giorno riesca a far parte integrante. "(Dalla presentazione di Mario Spinella)

DA CONTAINER N.2 1988

L'ADRIANA (OH)

 

Stanno i piccioni, come dire all'erta,

sull'aquila di bronzo

in piazza Tricolore:

tutt'attorno una gran guerra di caldi.

L'Adriana (oh), quella dell'infanzia,

dovrebbe avere ancora curve molli

in queste ore grigiolatta da Concordia a Monforte,

come nello sciogliersi da un abbraccio

per distendersi in un altro

(non dico fosse gloria).

Cos'era l'Adriana (oh) a quindici anni

quando andava per randagi

e scoppi di petardo giù nel viale!

 

… nella mia scrittura il rigo più sbilenco...