UN'ATTESA
In alcuni borghi di collina ciò che maggiormente accomuna gli uni con gli altri anziani è quell’abitudine a rimanere, come fossero in costante attesa di chissà che, nell’ombra degli usci socchiusi sulla via.
Nulla che segnali al passante o al turista la loro presenza se non quel minimo discostarsi dell’uscio dallo stipite in pietra. È difficile riuscire a individuarli nella penombra, ma, qualora uno ne avesse la fortuna, gli anziani scoperti non mostrerebbero la benché minima reazione.
Il dire "rimangono costantemente in attesa” è, più che altro, un imbroglio per dare un senso alla loro invisibile e, per certi versi, inquietante presenza. In realtà è assai difficile individuare quale sia l’obiettivo di tali attese.
Bucco una volta ebbe la fortuna, poiché forse un refolo di vento aveva scostato maggiormente un uscio dal proprio stipite, di vedere uno di questi anziani: l’Uomo Dal Basco In Testa.
Se ne stava seduto accanto al tavolo, di spigolo. Giochicchiava con un foglio di carta trasparente, che d’acchito parve a Bucco essere un foglio di carta oleata di quelli che i vecchi salumieri erano soliti usare per incartarvi olive o pezzi di ventresca.
L’Uomo Dal Basco In Testa stendeva quel foglio davanti a sé sulla tovaglia stinta e col dorso della mano destra rimediava anche alla più piccola delle sgualciture. Lo rivoltava da una faccia all’altra meccanicamente, senza dare l’impressione neppure di badare tanto al suo meccanico e quasi maniacale fare. Lo sguardo rimaneva fisso in quella luce che si tagliava dentro tra l’uscio e lo stipite. Il viso tagliato dal basco nero era colorito a dispetto dell’età avanzata.
Bucco l’osservò a lungo dall’esterno, fermo sulla via, prima di decidersi a entrare. Poi spinse del tutto in avanti l’uscio e superò la soglia in pietra.
L’Uomo Dal Basco In Testa, investito dalla luce improvvisa, tradì sorpresa solo in un movimento di un poco più brusco del dorso della mano destra sul foglio di carta. Bucco si socchiuse alle spalle l’uscio e rimase immobile nella penombra. L’Uomo Dal Basco In Testa gli chiese chi fosse e subito, dopo essersi umettato quasi con cura indice e pollice sulla lingua, cominciò a sfogliare nell’aria un libro tutto suo, immaginario.
“Di Bucco non ne ho mai conosciuti “, disse. Domo una breve pausa aggiunse di non averne mai incontrati né in Francia, né in Indocina e neppure in uno degli altri luoghi che la memoria in quel momento gli suggeriva.
“Del resto tutto è segnato in ogni suo particolare su questo foglio: da un lato il bene e dall’altro il male”, disse l’Uomo Dal Basco In Testa mostrando il foglio a Bucco, questi naturalmente non scorse nulla di scritto. Non importava: il vecchio raccontò di avere tenuto in tasca quel foglio per sessant’anni e sempre vicino al cuore. Un tempo più che sufficiente perché s’impregnasse, giusto giusto, di tutto il bene e di tutto il male di un uomo.
“Il bene e il male sono così prossimi - sostenne il vecchio - da essere eccessiva anche questa sottile pellicola di carta oleata. Tocchi, tocchi pure, non abbia paura intanto non può alterare nulla di quanto ci sia impresso. Più sottile di questo non mi è stato possibile acquistarne in nessun bazar del mondo. Neppure in quei luoghi lontani e sperduti dove sono stato”.
Spiegò poi quel foglio dalla parte del bene e disse che proprio lì in quell’impercettibile ruga della carta che indicava con l’indice umido stava una figura di donna.
Bucco, come fosse stato suggestionato dalle parole e soprattutto dai gesti maniacali del vecchio, vide la donna. Aveva capelli un poco ramati, acconciati, per suo sfizio, a piccole ciocche. Queste ricadevano le une sulle altre come fosse un sottobosco in cui di certo sarebbe stato piacevole far scorrere le dita. Aveva occhi azzurro polvere e un naso che a qualcuno poteva parere buffo.
L’Uomo Dal Basco In Testa rivoltò il foglio dal lato del male e, in corrispondenza della precedente ruga della carta, indicò un’altra figura di donna. Bucco vide anche questa. Aveva gli stessi capelli a ciocche dell’altra. Stessi gli occhi e il naso. Sotto il seno destro, a differenza dell’altra, il tatuaggio di una scimmia dalla coda rosea disturbava il lucore e la bellezza della sua pelle.
L’Uomo Dal Basco In Testa confidò a Bucco che non aveva altro da raccontare e come in quel momento si fosse esaurito tutto il suo attendere. Ripiegò il foglio e se lo pose sul cuore e zoppicando se ne andò nella stanza accanto. Chiuse alle spalle l'uscio della camera. Bucco rimase accanto al tavolo, inebetito. Gli parve di sentire provenire dalla stanza, in cui si era rinchiuso il vecchio, rumori di armadi aperti, di abiti strusciati sul pavimento in legno, di armadi chiusi.
L’Uomo Dal Basco In Testa poco dopo uscì dalla stanza, Indossava una stinta divisa da legionario. Salutò Bucco e si avviò verso la porta socchiusa sulla via. Due passi all'indietro e da sotto al tavolo raccolse una valigetta, la pose sul tavolo, s'accertò che fosse ben serrata e l'afferrò con la destra. Nell’uscire, definitivamente, si rivolse a Bucco: “Non ho mai incontrato un Bucco in vita mia, né in Francia, né in Indocina e neppure in uno degli altri luoghi che la memoria ancora mi suggerisce”. Bucco rimase come impietrito, il vecchio se ne accorse e incamminandosi per la via gli disse “Non si preoccupi per dove vado, di sicuro avrò modo di conoscere ancora il bene e il male e ancora una volta avrò accanto la mia valigetta con i ferri per tatuare”.