OTTOBRE/PICCOLO TEATRO GIORGIO STREHLER/RAOUL/5/5

28.05.2020 16:15

IL CERVELLO ERRANTE DI THIERRÉE

James Thierrée obbliga a una lunga standing ovation finale. Quasi due ore di puro spettacolo, di Teatro con la T maiuscola, onnicomprensivo: innovativo e classico, tragico e comico, incomprensibile razionalmente e cristallino emozionalmente.
In Raoul – al Piccolo Strehler dal 9 al 13 ottobre – troviamo tutta l’esperienza dell’artista, uno spettacolo summa della sua vita come performer (dal circo al violino) che però non risulta assolutamente autobiografico o un mero auto-elogio, al contrario sono talmente vaste i suoi spunti che Raoul tocca ogni spettatore in modo diverso. In questo tutto borgesiano, dove ogni cosa può e deve coesistere apparentemente senza che lo spazio o il tempo ne siano toccati, il personaggio in scena non ha bisogno di esprimersi, se non con grida e suoni onomatopeici. Interpretazioni mimiche, gesti e performance acrobatiche, fisicità da ballerino: ogni elemento restituisce con esattezza le intenzioni e le emozioni del protagonista, senza che però passino attraverso il filtro della razionalità, tanto che Raoul sembra possa albergare nell’indicibile.
Alcun pensiero razionale durante lo spettacolo, ma tanti spunti a cui ci si può riagganciare e – credo – che ogni spettatore possa preferire: dal canto mio ho rivisto la malinconica dolcezza e solitudine della magia di Howl (de Il castello errante di Howl, film d’animazione giapponese di Murakami, tra i recenti classici del cinema). Sulla stessa falsa riga, gli ingressi dei “mostri” comici, che ricordavano negli atteggiamenti degli affettuosi animali domestici. Assieme a questi – altra creazione di Thierrée (regista, scenografo e interprete di questo spettacolo) – l’abitazione che possiede una propria autonomia, un cuore pulsante che la fa tremare e (sembra) comunicare con il suo inquilino. Insomma, una scenografia molto complessa che diventa essa stessa protagonista e/o tutt’uno con il personaggio.
Ma in effetti non si può parlare nemmeno di personaggio, né identificare chi sia questo Raoul: sembra essere Thierrée, ma lui stesso spesso chiama questo nome e sulla scena compaiono altre proiezioni di sé. Resta inspiegabile, come già avevo annunciato, e non ha senso cercare di sbrogliare questa matassa.
È necessario fare un passo indietro, allontanarsi e osservare proprio la matassa di per sé stessa, e non gli intrichi del filo da cui è composta.
Questa matassa è Raoul, l’interno di una mente, di una coscienza, con qualche neurone e le pulsazioni date dagli impulsi nervosi: tutto può accadere.
Può accadere, però, anche la confusione, la follia stessa, la prigionia all’interno di sé stessi.
Possono accadere cose fantastiche, bellissime e poetiche: un violino, una trasformazione in cavallo, animali fantastici.
Una spirale, un vortice che risucchia tutto sino all’allucinazione e alla finale dimostrazione di cosa sia il teatro: una macchina e una finzione, dietro la quale ci sono alcuni operatori che non dovrebbero palesarsi.
Sul palco si è visto il Tutto e alla fine si scopre, ma con il sorriso!, che era Niente.
Roberta Pasetti*
* Collaboratrice "Il teatro a Milano" - Sonda.Life