TEATRO CARCANO/MATTI DA SLEGARE

02.03.2018 08:40

Covatta e Iacchetti slegati al Carcano

 

Matti da slegare è un testo leggero e per grandi sprazzi gradevole, che declina per due ore un tema, d’altro canto, per nulla leggero: il reinserimento sociale di due matti,  Elia (Enzo Iacchetti) e Giovanni (Giobbe Covatta), che, divenuti amici inseparabili durante il loro ricovero in una struttura protetta, vengono “promossi” a vivere da soli in un appartamento.

Nata come romanzo di Igvar Ambjørnsen e diventata un film (candidato all’Oscar nel 2002 come miglior film straniero) a firma di Petter Naess, Fratelli di sangue è una commedia ridotta per il teatro da Axel Hellstenius (Elling e Kjell Bearne il titolo originale) che sa trattare in maniera fresca, ironica e anche allegra e divertente, un tema delicato come quello delle malattie mentali, senza cadere mai nel patetico. La scorrevole traduzione è di Giovanna Paterniti.

Per questa versione italiana diretta da Gioele Dix si è scelto il titolo più “morbido” di Matti da slegare che, ovviamente solo nel titolo, è un richiamo al film documento corposo e bello di Marco Bellocchio del 1975.

Con differenti, ma egualmente assai pesanti esperienze e storie, più che alle spalle sulle spalle, Elia e Giovanni sono due enigmatiche pedine in un gioco dell’oca tormentato e tortuoso, con progressi e regressi umorali e comportamentali, trattati con ironia e garbata leggerezza da Gioele Dix, nel non facile compito di dirigere, da comico, due comici. Complici i puntualissimi Covatta e Jacchetti, lo spettacolo è decollato e ha convinto gli spettatori quasi senza intoppi.

Da sottolineare alcuni brevi monologhi di Jacchetti intensamente poetici, che sono davvero bei cammei attoriali.

Interessante l’esperimento di due comici che si sostengono e si porgono, in assenza del ruolo dichiarato di spalla,  a vicenda battute che a volte hanno il pregio di essere esilaranti. Il mestiere e l’esperienza dei due attori si esalta anche nella mimica gestuale di entrambi: i copiosi tic di Iacchetti riescono a comunicare spontaneità senza intorpidirsi nella caricatura.

Brava anche Gisella Szaniszló nel ruolo di una giovane donna incinta, la cui maternità costituisce il punto di equilibrio ritrovato, una sorta di risanamento, per Giovanni, mentre Elia troverà il suo nella consapevolezza di essere poeta.

Applausi anche per Irene Serini che, sicuramente attrice di talento, a volte sopra le righe e un tantino anarcoide, dà vita al personaggio di un’improbabile assistente sociale, che, soprattutto se non esclusivamente nel primo tempo, è compromessa col macchiettismo; ne esce una sorta di rapper un tantino esagerata anche nella gestualità.

Al di là del pur riconoscibile e tangibile, come già detto, talento, è questa l’unica pecca d’uno spettacolo gradevolmente veloce che somministra risate e momenti di riflessioni a un pubblico attento e divertito.

Si replica fino al 13 marzo

Da martedì a giovedì e al sabato alle 20.30. Venerdì alle 19.30 e domenica alle 16.

Adelio Rigamonti

 

 

Il giudizio di Teatro a Milano:

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