UN RINVIO

Il palazzotto della biblioteca civica, nono­stante due angioloni in pietra si sforzassero da sempre nello spingerne in alto la facciata tardo-barocca, non sembrava davvero in grado di lievi­tarsi via dal quadrivio trafficato sul quale si affacciava. “Tutt’al più un panettone mal riusci­to” era il giudizio ricorrente sulle bocche e nelle teste dei suoi abituali frequentatori. Bucco, in realtà, non si era mai preoccupato più di tanto dell’architettura dell’edificio. Anche quel pomeriggio, il giorno martedì, ne superò la so­glia senza badarci. Del resto non aveva alcuna importanza.
Al di là del portone in legno scuro l’ampio androne era colpito, quasi schiaffi, dai raggi di un sole incerto prima del tramonto. Giovani, per lo più a coppie, vi passeggiavano chiacchie­rando o fumando la sigaretta vietata nella sala di lettura, al piano supe-riore. Bucco prese per le rampe dello scalone in finto marmo grigio. Giunto al primo piano, sbrigate in fretta le formalità per il ritiro del libro da consultare al bancone delle consegne, entrò nella sala di lettura.
Quasi senza badare ai propri passi si distri­cò tra i tavoli bislunghi color azzurro-cenere fino al suo posto. Esiste, tra i frequentatori abituali delle biblioteche civiche, una sorta di reciproca intesa: ognuno, sceltosi liberamente  un posto, lo trova sempre libero a qual­siasi ora della giornata venga a occuparlo. Il posto di Bucco era il terzo scanno da sinistra del sesto tavolo dal fondo. Sotto il primo finestrone quello rivolto a Nord. A quel tavolo non si sedeva nessun altro oltre a lui e a una ra­gazza dai capelli rossi. Due posti più in là: verso destra.
Quel martedì tutto filava secondo norma, la ragazza era già al suo posto, Bucco aprì il li­bro. Che libro fosse non ha alcuna importanza.  Il silenzio era rotto appena da uno sgualcire di car-te. Tutto era immerso nel sordo ronzìo o dei condizionatori. Bucco iniziò a leggere.
Dopo qualche tempo un leggero scricchiolìo del tavolo di lettura indicò, verso sinistra, l’arrivo di un’altra persona. Bucco, istintivamente, gli gettò un’occhiata di taglio: era l’Uomo Con La Morte In Faccia. Questi aveva dinanzi a sé una decina di cataloghi di case editrici, per lo più sconosciute o di fama scarsa.
L’uomo cominciò a consultare il primo con un’attenzione visibilmente molto scrupolosa. A Bucco parve che l’arrivato da poco avesse paura che qualche riga gli potesse sfuggire.
Terminato di esaminare il primo catalogo passò al secondo con la medesima cura. Continuò così: fino a esaurire tutta la piccola pila di catalo­ghi per autori e titoli che aveva dinanzi a sé. Ogni volta che riponeva sul tavolo un catalogo già letto per iniziarne un altro il volto dell’Uomo Con La Morte In Faccia sbiancava sempre più. Conclusa la lettura ammonticchiò i fascicoli, li raccolse e, mal reggendosi in piedi, si alzò e abbandonò la sala.
L’Uomo Con La Morte In Faccia puntualmente si ripresentò 1’indomani e i giorni seguenti. Ogni volta esaminava con cura una decina di cataloghi e poi se ne usciva. Ogni giorno che passava il suo aspetto era sempre più malandato. Cominciò con lo strascicare la gamba destra, poi anche la sinistra. Fu visto aiutarsi prima con un bastone, poi con stampelle. Perse, gradualmente, la sensibilità a entrambe le braccia e le dita, alla fine, erano stecchi legnosi che mal si districavano tra le piccole pagine dei fasci-coletti.
Al sesto o al settimo giorno la bocca, un ghigno nel volto biancastro, s’accartocciò in una sorta di piega malsana. Nessuno degli abituali frequentatori della biblioteca osò mai chiedergli se
avesse avuto bisogno di qualcosa e soprattutto che cercasse in quei cataloghi. Tutti temevano, e in primo luogo Bucco, che l’Uomo Con La Morte In Faccia se ne sarebbe infastidito.
Un giorno, quando Bucco era ormai rassegnato a veder­selo morire da un momento all’altro lì sul tavolo bislungo azzurro-cenere, accadde qual­cosa di diverso, di inatteso. Giunto circa a metà del sesto o settimo catalogo l’Uomo Con La Morte In Faccia sobbalzò dal proprio scanno e subito si affannò a strappare, con tratto energico, un foglio dal volumetto che stava leggendo, di netto. Come se nulla fosse, indifferente agli sguardi dei presenti, impilò tutti i cataloghi, li raccolse e, abbandonando le stampelle, se ne uscì con passo sicuro.
Più tardi, da lì a qualche settimana, Bucco venne a sapere che l’Uomo Con La Morte  In  Faccia aveva trovato, in un vec­chio catalogo di una casa editrice quasi sconosciuta, il proprio nome in grassetto che precedeva il titolo della sua unica opera pubblicata. La morte, quella volta, si era allontanata da lui come se gli avesse concesso un rinvio.